“La vita prima e la vita dopo” del poliziotto sopravvissuto all’attentato, ospite del Politecnico di Bari. Il rettore Cupertino: l’università è un investimento sul futuro e un presidio di legalità per il territorio
22 aprile 2023
Rilanciare il valore della legalità per le giovani generazioni, a partire dai luoghi della cultura e del pensiero critico. È questo il messaggio lanciato ieri dal Politecnico di Bari durante il convegno La strage di Capaci: la vita prima e la vita dopo, che si è svolto nell’aula magna del Dipartimento di Architettura, Costruzione e Design (ArCoD), al Campus. Protagonista dell’evento è stato Angelo Corbo, ispettore capo della Polizia di Stato, ex componente della scorta del magistrato Giovanni Falcone e sopravvissuto alla strage di Capaci, il quale ha portato la sua straordinaria testimonianza di poliziotto e di uomo.
Ad ascoltarlo c’erano studenti universitari e delle scuole, oltre ad una folta rappresentanza delle forze dell’ordine. Sono intervenuti il rettore del Politecnico, Francesco Cupertino, il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il vicesindaco di Bari, Eugenio Di Sciascio, il questore Giovanni Signer, il prefetto vicario Erminia Cicoria e il presidente della sezione ANPS (Associazione Nazionale Polizia di Stato di Pontedera (Pisa), Calogero Pace. Ha moderato il dibattito Andrea Tedeschi, giornalista della TGR Puglia.
Il punto di partenza del dibattito è stato il clima culturale della comunità palermitana, prima accondiscendete, addirittura favorevole e, dopo la strage di Capaci, ostile a Cosa Nostra. «Da quel momento in poi la gente ha incominciato a capire che la mafia toglieva loro la dignità» ha raccontato Corbo durante il suo lungo, applauditissimo intervento. Il giorno dell’attentato, il 23 maggio del 1992, aveva 26 anni e seguiva il magistrato nella terza e ultima auto della scorta nel corteo blindato, riuscendo anche grazie a questa circostanza a sopravvivere alla terribile esplosione.
Trasferito immediatamente per ragioni di sicurezza, Corbo ha maturato, dopo diversi anni, la decisione di portare aventi una battaglia per la legalità, testimoniando soprattutto ai giovani la sua vicenda professionale e umana. Ospite di scuole, associazioni, università, l’ex agente di scorta del giudice Falcone è spesso in giro per l’Italia, a dare il suo contributo nella lotta alla cultura mafiosa e anche alla ricerca della verità su quanto accaduto in quel maggio del ’92. Corbo, infatti, ha scritto un libro dal titolo Strage di Capaci. Paradossi, omissioni e altre dimenticanze, in cui ha messo in evidenza alcuni aspetti critici e circostanze poco chiare dell’attentato. Il testo è stato presentato anche al Politecnico, al termine del convegno.
«Come rappresentanti di istituzione universitarie, noi abbiamo una responsabilità nei confronti dei territori nei quali operiamo» ha detto il rettore Cupertino durante il suo intervento. «Ci sono infatti territori – ha spiegato il rettore – che hanno una salubrità, anche economica, favorevole allo sviluppo sociale ed economico, mentre ci sono altri territori, al contrario, in cui sono le università ad essere motore di sviluppo. In questi territori – ha aggiunto il rettore – le università sono anche presidio di legalità e, a volte, l’unico strumento che garantisce ai giovani la libertà di determinare il loro futuro».
Cupertino si è rivolto, quindi, ai giovani presenti in sala: «È importante – ha detto – che voi abbiate la certezza di investire su voi stessi, investendo sulla vostra formazione e sulle vostre competenze, perché avrete la certezza di poter trovare collocazione nella società e contribuire allo sviluppo del nostro territorio e del Paese». Gli ha fatto eco, successivamente, il presidente Emiliano quando è intervenuto per commentare il racconto di Angelo Corbo.
Tra aneddoti della sua vita da magistrato, ricordi di Falcone e del contesto pubblico (non sempre favorevole) in cui questi operò fino all’ultimo, Emiliano ha ricordato «le ragioni profonde che lo hanno portato (Corbo) ad accettare di far parte della scorta di Giovanni Falcone». Ragioni che il poliziotto ha ben spiegato al Politecnico: «Falcone era per me il condottiero che ci guidava a riprenderci quella dignità che la mafia ci toglieva».
«Questa dedizione al dovere, questa stima e questo affetto verso Giovanni Falcone – ha concluso Emiliano – sono un valore straordinario che va tramandato, come oggi è stato fatto dal Politecnico di Bari, che ha invitato diverse scolaresche. Dobbiamo sostenere queste iniziative – ha concluso il presidente – per fare in modo che i ragazzi si iscrivano nelle università pugliesi e, soprattutto, per mantenere viva la memoria di questi fatti così importanti per tutti noi».