Docenti, volontari e professionisti del settore si sono confrontati al Politecnico di Bari sulle politiche di inclusione per disabili e Dsa
I casi di disabilità e disturbi dell’apprendimento nelle università aumentano, ma i finanziamenti pubblici restano sempre gli stessi. La buona notizia è che cresce la capacità di ascolto, insieme alla disponibilità di fare sinergia tra istituzioni e mondo delle associazioni, per migliorare i servizi e le strutture dedicate. È uno dei dati emersi durante il dibattito su “L’istruzione accessibile”, un evento che si è svolto ieri al Politecnico di Bari nell’ambito del progetto di comunicazione sociale Bari City+.
«Il fenomeno, in realtà, ora emerge più facilmente – ha detto il rettore, Francesco Cupertino, nel suo intervento di chiusura del talk – perché c’è maggiore sensibilità a questi temi, grazie ad una cultura più inclusiva che si alimenta di confronto e si concretizza grazie ad una maggiore collaborazione. Oggi è più facile alzare la mano e dire la propria, mostrando il lato fragile – ha aggiunto il rettore – e questo rappresenta anche un modo diverso di interpretare il ruolo dell’Università».
Al dibattito, moderato dal giornalista Lino Patruno, hanno partecipato Marco Livrea, presidente dell’associazione Zerobarriere; Giovanni Bellino, ingegnere laureato al Politecnico; Vincenzo De Luci, presidente dell’associazione Accordiabili; Vincenzo Rotolo, dell’Unione italiana ciechi; Vito Andriola, dell’Ente nazionale sordi; Angela Donvito, presidente di Amtab; Vittorio Ranieri, docente del Politecnico e i delegati alla disabilità del Politecnico e dell’Università di Bari, i professori Floriano Scioscia e Gabrielle Coppola. In apertura dell’evento, è intervenuto il professor Gianfranco Dioguardi, presidente dell’omonima fondazione.
La base di partenza del dibattito sono stati i numeri, raccolti dai professori Scioscia e Coppola in una relazione, per inquadrare il fenomeno: quasi 18mila casi di disabilità e più di 14 mila DSA – Disturbi specifici dell’apprendimento registrati negli atenei statali italiani. I dati si riferiscono al 2020, sono i più aggiornati al momento e la fonte è il Ministero dell’Università e della Ricerca. Numeri importanti, se si considera che dieci anni prima, nel 2010, lo stesso ministero aveva contato meno di 14 mila casi di disabilità e nessun DSA.
La conoscenza del problema, questo è stato il filo conduttore del dibattito, consente di migliorare la qualità dei servizi da tutti i punti di vista. Fondamentale è la formazione degli operatori, come hanno sottolineato in più passaggi del dibattito i rappresentanti delle associazioni presenti. «Al Politecnico abbiamo investito nella formazione dei docenti – ha detto il professor Scioscia – organizzando corsi sui modelli cognitivi, i meccanismi emotivi e relazionali, le tecniche di apprendimento, che sono stati tenuti da psicologi e operatori del settore per aiutarci ad essere più inclusivi a partire dal rapporto con gli studenti che hanno disabilità o DSA».
Nel frattempo, sono in corso una serie di progetti, nei singoli atenei e anche a livello di sistema universitario regionale, come ha sottolineato la professoressa Coppola. Altri ambiti in cui bisogna investire maggiori risorse, sono infatti l’orientamento e il placement, con servizi specifici. Segnali positivi arrivano anche dalla Regione Puglia e dall’Adisu, l’agenzia regionale per il diritto allo studio universitario, con l’approvazione di due progetti dedicati ai corsi di familiarizzazione con il LIS – la lingua dei segni e ai servizi per le persone.
Anche sul piano urbanistico ci sono lavori in corso. Il professor Ranieri, infatti, ha illustrato un progetto di collegamento tra le stazioni ferroviarie e le sedi universitarie della città, che valorizzerebbe e amplierebbe l’attuale tracciato delle piste ciclabili integrando il traffico veicolare con la viabilità lenta. Il progetto vale complessivamente circa 4 milioni di euro ed è candidato al finanziamento in ambito PNRR. «Noi tutti abbiamo esigenza di rendere il Campus e le altre sedi universitarie più inclusive – ha concluso il rettore Cupertino – e dobbiamo lavorare sempre più in sinergia, ascoltando il mondo delle associazioni che ci aiuta ad orientare le nostre politiche e a costruire un’accademia sempre più accessibile, che non lasci indietro nessuno e nessuna».